In questi giorni un grosso pachiderma è stato protagonista di molti dei miei articoli: si tratta dell’elefante Fritz, in versione “originale” presso il Museo Regionale di Scienze Naturali e sotto forma di riproduzione a grandezza originale in Piazza Castello.
Chissà però quanti conoscono la storia del vero Fritz e quando è nata la sua riproduzione in resina...
Per i curiosi, ecco un breve racconto della triste storia dell’animale. Ma erano altri tempi e la sensibilità verso queste creature non era particolarmente sviluppata, diciamo così…
Siamo nella prima metà dell’800 e il Regno di Sardegna intesseva rapporti diplomatici con gli Stati esteri. In tale contesto il Re Carlo Felice di Savoia stabilì l’invio di 100 pecore merinos al Vicerè d’Egitto, Mohamed Alì. Per ricambiare il gesto, il Vicerè regalò al Re sabaudo un elefante indiano di 27 anni chiamato Fritz.
Fritz venne imbarcato ad Alessandria d’Egitto il 24 ottobre 1826 e, dopo una tappa a Genova, perciò giunse a Torino nell’estate del 1827. Per l’occasione, il direttore del Museo Zoologico dell’Università di Torino Andrea Bonelli redasse un libretto d’istruzioni per la cura dell’animale. Pensate un po’: ogni giorno doveva mangiare 50 pani, 24 cavoli, riso e burro, tabacco e bere 2 pinte di vino!!!
Ho realizzato nel 2015 questa grande scultura in resina, ora conservata nei giardini della Palazzina di Caccia di Stupinigi – Fondazione Ordine Mauriziano, in collaborazione con le allieve e gli allievi del corso per Tecnico Costruzione Scenografie Teatrali e Cinematografiche presso le Scuole San Carlo di Torino. La scultura in resina è la riproduzione fedele dell’elefante Fritz conservato in tassidermia nel Museo di Scienze Naturali di Torino. Dopo la sbozzatura e la modellatura di grandi blocchi di polistirene abbiamo creato su di essi la pelle in plastilina necessaria per la procedura di riproduzione mediante calco in gesso. Ultimata la madreforma e aperti i grandi stampi abbiamo laminato la resina epossidica con la fibra di vetro. Al termine, dopo aver richiuso le forme, abbiamo liberato la scultura dal manto di copertura e concluso il lavoro con vernici poliuretaniche per garantire al manufatto una resistenza ottimale.
Franco Nicolosi nasce a Torino nel 1973. Dopo il diploma in Scultura conseguito presso L’Accademia Albertina inizia la sua carriera di scultore e docente di Arte e Scenografie Teatrali e Cinematografiche. Per una decina d’anni, assieme alle sue allieve e ai suoi allievi, si dedica alla progettazione e costruzione di allestimenti di scena. Ancora oggi il lavoro di scultura s’interseca e trae nutrimento dall’esperienza dell’insegnamento, spingendo l’artista verso una riflessione profonda sulla pratica dell’apprendimento esperienziale. Perché scultura: Scolpisco per trovare nelle forme le tracce del cambiamento. Le cerco nelle ramificazioni degli alberi, sulle superfici aspre delle rocce o nelle distese immobili dell’acqua. Plasmo sculture dalle forme molto definite perché vorrei fissare nella materia, con precisione e in modo netto, uno specifico stato della materia. Altre volte la scultura si dissolve tra le mie mani come un riflesso di luce che si rifrange su uno specchio d’acqua e allora la forma si trasforma in segno. Modello e disegno forme perché credo che ciò mi permetta di far parte delle Cose. Penso che la solidità della scultura possa condizionare lo spazio circostante anche se, ad un tratto, le forme scolpite si smaterializzano, trasformandosi in riflessi incorporei ed evanescenti. Per me la scultura è mutazione, trasformazione, cambiamento ed è nella ripetizione delle forme che inseguo le infinite variazioni della forma. Ripetere e riprodurre una forma, come ripercorrere un sentiero o un cammino, mi permette di coglierne tutte le infinite sfumature cercando me stesso nelle sue molteplici tracce. Nell’atto di creare nuove forme gli occhi e le mani si scambiano i ruoli: gli occhi le plasmano e le mani ne svelano i confini. Ed è proprio il Confine, secondo me, uno dei nuclei fondanti della scultura.Per visitare il sito di Franco Nicolosi cliccate qui
Spero di avere soddisfatto almeno in parte la vostra curiosità e magari suscitato qualche riflessione su come la sensibilità umana muti nelle diverse epoche, quanta strada abbiamo fatto in questi due secoli e quanta purtroppo ne resta da fare nella tutela della Natura in tutte le sue forme.






Molto interessante, grazie
RispondiEliminaGrazie . Molto interessante . Non sono d’accordo sul fatto che abbiamo fatto dei passi avanti in questi due secoli . A nioo avviso ne abbiamo fatti molti indietro . Sopratutto nei confronti della natura e nei confronti degli animali . 👋🏻🍀
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