Non
sono passati nemmeno 5 anni dal'aprile 2015, quando il Museo
Egizio di Torino presentò al pubblico la ristrutturazione
completa degli spazi espositivi all'interno dell'ex Collegio dei
Nobili. Oggi il pensiero è tutto rivolto al 2024, momento in cui
l'importante istituzione torinese compirà 200 anni, valutando come
nascita il 1824, quando Re Carlo Felice decise di acquistare la
collezione Drovetti, facendone il nucleo fondante del Museo stesso.
Nell'attesa
di molte altre novità, ecco il primo, grande passo, completamente
autofinanziato: la riformulazione delle sale storiche da cui i
visitatori iniziano il percorso al piano ipogeo e che ora narrano la
storia del Museo Egizio in cinque ambienti decisamente modernizzati e
completi di postazioni multimediali che, partendo dalla
domanda “perché un museo egizio a Torino?”, approfondiscono il
legame tra la storia dei reperti custoditi dal Museo e quella del
territorio torinese, ma anche piemontese e nazionale, nonché il
contributo che egittologi e archeologi, anche piemontesi, hanno dato
alla disciplina e collezione del Museo. E si tratta di una storia che
risale ad almeno 400 anni fa, nel perodo in cui Casa
Savoia
entrò in contatto con i primi reperti egizi e valutò la possibilità
di ampliare il prestigio della casata legando la propria storia a
quella dell'antico Egitto.
“Dopo
quasi 200 anni di storia il Museo Egizio continua a caratterizzarsi
come un’istituzione dinamica e in continuo fermento" - ha
commentato Evelina Christillin, presidente del Museo Egizio -
"Il riallestimento delle sale che introducono la visita con il
racconto delle origini di questa collezione, costituisce un’occasione
preziosa per riscoprire e approfondire le profonde connessioni tra la
storia di questo luogo e quella del territorio che lo ospita, nonché
a collocarla all’interno del più generale contesto socio-culturale
nazionale e internazionale. Un progetto particolarmente significativo
lungo il percorso di avvicinamento al bicentenario del Museo Egizio
che celebreremo nel 2024 e per il quale siamo già all’opera per
sviluppare un’opportuna concertazione con il Mibact, la
Soprintendenza, gli enti del territorio e gli altri soggetti
coinvolti”.
Il
percorso storico delle nuove sale è stato curato da Beppe
Moiso e dall’archivista Tommaso Montonati, con la
collaborazione di Nationhood per i prodotti multimediale ed il
ricorso a immagini d’archivio - antiche litografie, stampe e
fotografie d’epoca - nonché a una serie di video e supporti
digitali.
La
prima sala parte ovviamente dalle origini ed accoglie il visitatore
con la magnifica statua di Ramesse II e la Mensa Isiaca,
considerata il primo reperto partendo dal quale il museo si è poi
sviluppato. Qui si osserva anche una riproduzione della testa con
segni cabalistici, visualizzata in 3D su un apposito schermo,
conservata ai Musei Reali, presso il Museo di Antichità di
Torino. Proseguendo nella seconda sala
viene trattato il tema dei primi grandi viaggi verso l’Egitto,
compreso quello affrontato dal piemontese Vitaliano
Donati su incarico del re Carlo
Emanuele III. La terza sala si concentra su alcuni momenti salienti
che hanno segnato la nascita dell’Egittologia, a partire dalla
campagna Napoleonica del 1798 e dalla decifrazione dei geroglifici,
con un focus particolare dedicato alla figura di Bernardino
Drovetti e al suo ruolo nella
nascita della collezione del Museo. Va ricordato che Napoleone fece
affiancare alle sue truppe oltre 150 Savants, studiosi di
varie discipline provenienti dalle Università francesi, con una
decina di disegnatori. Il lavoro di questi ultimi, confluito negli
undici volumi della famosa Description de l’Ègypte, viene
qui messo a disposizione del pubblico in formato digitale, per mezzo
di un monitor touchscreen che consente di scorrerne le pagine della
seconda edizione, stampata tra il 1821 e il 1829.
Grazie
agli studi compiuti dalla curatrice e filologa del Museo Susanne
Töpfer, ora anche il libro dei morti di Iuefankh, un
papiro la cui lunghezza sfiora i 19 metri, viene esposto corredato da
un apparato infografico che ne percorre e descrive minuziosamente
l’intero sviluppo, consentendo al visitatore di osservare da vicino
e comprendere i disegni e le formule che compongono questo
straordinario reperto.
La
maggiore novità del nuovo allestimento è probabilmente la
ricostruzione di come doveva presentarsi ai visitatori una sala del
Museo nel 1800: uno spazio che riproduce l’allestimento tipico di
un museo antiquario, in cui è possibile osservare i reperti così
come accadeva nel XIX secolo. In quel periodo le
antichità in pietra e le statue erano collocate al piano terreno
dell’edificio, come documentato da un acquerello di Marco
Nicolosino, mentre il resto stava ai piani superiori, come invece
illustrano le due tele di Lorenzo Delleani, rispettivamente
del 1871 e 1881, che immortalano due momenti allestitivi distinti con
vetrine di tipo diverso. Si nota subito come l'ambiente sia
apparentemente disordinato, con vari reperti sparsi sul pavimento
contrapposti a severe vetrine a parete ingentilite da una delicata
colorazione pastello. Al loro interno i reperti sono privi di
didascalie, segno di una fruizione ancora riservata a pochi. Il
centro della sala ospita una vetrina storica con all’interno il
Canone Regio, un preziosissimo papiro che ha contribuito alla
ricostruzione della cronologia egiziana antica. A fianco una mummia
ancora completamente bendata all’interno del suo sarcofago. Tutto
intorno altre teche, appartenenti al primo allestimento, contengono
oggetti di culto e di uso quotidiano. E' anche visibile una selezione
delle oltre 3000 medaglie e monete di epoca tolemaica e romana
facenti parte della collezione riunita da Bernardino Drovetti,
gentilmete prestata dai Musei Reali di Torino.
L’ultima
sala intende approfondire soprattutto il contesto europeo ed
egiziano, che permette di comprendere in che modo la collezione
torinese si inscriva entro un quadro più generale di grande
interesse per la nascente disciplina. Ma
celebra anche la M.A.I. (Missione
Archeologica Italiana) ed Ernesto
Schiaparelli, direttore del Museo
dal 1894 al 1928, senza dimenticarsi degli anni cupi segnati dal
Fascismo e l’impatto sul Museo della Seconda Guerra
Mondiale.
“L’esigenza
di intervenire sull’assetto espositivo a meno di cinque anni dal
riallestimento della collezione" - ha spiegato Christian
Greco, direttore del Museo Egizio - "pone le sue basi nella
natura stessa di un museo e dell’Egizio in particolare: questo è
un luogo vivo, in continuo divenire, che muta e si evolve in virtù
dei risultati della ricerca e del suo essere parte attiva della
comunità. Cambiare e adeguare sé stessi è quindi una naturale
vocazione per un’istituzione come la nostra”.



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