giovedì 19 dicembre 2019

Il Museo Egizio di Torino ha riaperto le sale introduttive dell'ipogeo. Completamente rinnovate per meglio raccontare i 200 anni di vita del museo stesso


Non sono passati nemmeno 5 anni dal'aprile 2015, quando il Museo Egizio di Torino presentò al pubblico la ristrutturazione completa degli spazi espositivi all'interno dell'ex Collegio dei Nobili. Oggi il pensiero è tutto rivolto al 2024, momento in cui l'importante istituzione torinese compirà 200 anni, valutando come nascita il 1824, quando Re Carlo Felice decise di acquistare la collezione Drovetti, facendone il nucleo fondante del Museo stesso. 

Nell'attesa di molte altre novità, ecco il primo, grande passo, completamente autofinanziato: la riformulazione delle sale storiche da cui i visitatori iniziano il percorso al piano ipogeo e che ora narrano la storia del Museo Egizio in cinque ambienti decisamente modernizzati e completi di postazioni multimediali che, partendo dalla domanda “perché un museo egizio a Torino?”, approfondiscono il legame tra la storia dei reperti custoditi dal Museo e quella del territorio torinese, ma anche piemontese e nazionale, nonché il contributo che egittologi e archeologi, anche piemontesi, hanno dato alla disciplina e collezione del Museo. E si tratta di una storia che risale ad almeno 400 anni fa, nel perodo in cui Casa Savoia entrò in contatto con i primi reperti egizi e valutò la possibilità di ampliare il prestigio della casata legando la propria storia a quella dell'antico Egitto.

Dopo quasi 200 anni di storia il Museo Egizio continua a caratterizzarsi come un’istituzione dinamica e in continuo fermento" - ha commentato Evelina Christillin, presidente del Museo Egizio - "Il riallestimento delle sale che introducono la visita con il racconto delle origini di questa collezione, costituisce un’occasione preziosa per riscoprire e approfondire le profonde connessioni tra la storia di questo luogo e quella del territorio che lo ospita, nonché a collocarla all’interno del più generale contesto socio-culturale nazionale e internazionale. Un progetto particolarmente significativo lungo il percorso di avvicinamento al bicentenario del Museo Egizio che celebreremo nel 2024 e per il quale siamo già all’opera per sviluppare un’opportuna concertazione con il Mibact, la Soprintendenza, gli enti del territorio e gli altri soggetti coinvolti”.

Il percorso storico delle nuove sale è stato curato da Beppe Moiso e dall’archivista Tommaso Montonati, con la collaborazione di Nationhood per i prodotti multimediale ed il ricorso a immagini d’archivio - antiche litografie, stampe e fotografie d’epoca - nonché a una serie di video e supporti digitali.

La prima sala parte ovviamente dalle origini ed accoglie il visitatore con la magnifica statua di Ramesse II e la Mensa Isiaca, considerata il primo reperto partendo dal quale il museo si è poi sviluppato. Qui si osserva anche una riproduzione della testa con segni cabalistici, visualizzata in 3D su un apposito schermo, conservata ai Musei Reali, presso il Museo di Antichità di Torino. Proseguendo nella seconda sala viene trattato il tema dei primi grandi viaggi verso l’Egitto, compreso quello affrontato dal piemontese Vitaliano Donati su incarico del re Carlo Emanuele III. La terza sala si concentra su alcuni momenti salienti che hanno segnato la nascita dell’Egittologia, a partire dalla campagna Napoleonica del 1798 e dalla decifrazione dei geroglifici, con un focus particolare dedicato alla figura di Bernardino Drovetti e al suo ruolo nella nascita della collezione del Museo. Va ricordato che Napoleone fece affiancare alle sue truppe oltre 150 Savants, studiosi di varie discipline provenienti dalle Università francesi, con una decina di disegnatori. Il lavoro di questi ultimi, confluito negli undici volumi della famosa Description de l’Ègypte, viene qui messo a disposizione del pubblico in formato digitale, per mezzo di un monitor touchscreen che consente di scorrerne le pagine della seconda edizione, stampata tra il 1821 e il 1829.

Grazie agli studi compiuti dalla curatrice e filologa del Museo Susanne Töpfer, ora anche il libro dei morti di Iuefankh, un papiro la cui lunghezza sfiora i 19 metri, viene esposto corredato da un apparato infografico che ne percorre e descrive minuziosamente l’intero sviluppo, consentendo al visitatore di osservare da vicino e comprendere i disegni e le formule che compongono questo straordinario reperto.

La maggiore novità del nuovo allestimento è probabilmente la ricostruzione di come doveva presentarsi ai visitatori una sala del Museo nel 1800: uno spazio che riproduce l’allestimento tipico di un museo antiquario, in cui è possibile osservare i reperti così come accadeva nel XIX secolo. In quel periodo le antichità in pietra e le statue erano collocate al piano terreno dell’edificio, come documentato da un acquerello di Marco Nicolosino, mentre il resto stava ai piani superiori, come invece illustrano le due tele di Lorenzo Delleani, rispettivamente del 1871 e 1881, che immortalano due momenti allestitivi distinti con vetrine di tipo diverso. Si nota subito come l'ambiente sia apparentemente disordinato, con vari reperti sparsi sul pavimento contrapposti a severe vetrine a parete ingentilite da una delicata colorazione pastello. Al loro interno i reperti sono privi di didascalie, segno di una fruizione ancora riservata a pochi. Il centro della sala ospita una vetrina storica con all’interno il Canone Regio, un preziosissimo papiro che ha contribuito alla ricostruzione della cronologia egiziana antica. A fianco una mummia ancora completamente bendata all’interno del suo sarcofago. Tutto intorno altre teche, appartenenti al primo allestimento, contengono oggetti di culto e di uso quotidiano. E' anche visibile una selezione delle oltre 3000 medaglie e monete di epoca tolemaica e romana facenti parte della collezione riunita da Bernardino Drovetti, gentilmete prestata dai Musei Reali di Torino.

L’ultima sala intende approfondire soprattutto il contesto europeo ed egiziano, che permette di comprendere in che modo la collezione torinese si inscriva entro un quadro più generale di grande interesse per la nascente disciplina. Ma celebra anche la M.A.I. (Missione Archeologica Italiana) ed Ernesto Schiaparelli, direttore del Museo dal 1894 al 1928, senza dimenticarsi degli anni cupi segnati dal Fascismo e l’impatto sul Museo della Seconda Guerra Mondiale.

L’esigenza di intervenire sull’assetto espositivo a meno di cinque anni dal riallestimento della collezione" - ha spiegato  Christian Greco, direttore del Museo Egizio - "pone le sue basi nella natura stessa di un museo e dell’Egizio in particolare: questo è un luogo vivo, in continuo divenire, che muta e si evolve in virtù dei risultati della ricerca e del suo essere parte attiva della comunità. Cambiare e adeguare sé stessi è quindi una naturale vocazione per un’istituzione come la nostra”.







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