mercoledì 20 novembre 2024

Bicentenario Museo Egizio: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella inaugura la Galleria dei Re e il Tempio di Ellesiya, che riaprono al pubblico completamente rinnovati con il Festival 200


Si è conclusa con la visita in anteprima del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del Ministro della Cultura, Alessandro Giuli e del Secretary General of the Supreme Council of the Antiquities of the Arab Republic of Egypt, Khaled Mohamed Ismail, un’importante tappa del riallestimento del
Museo Egizio nell’anno del bicentenario.

La Galleria dei Re e il Tempio di Ellesiya riaprono al pubblico, dopo quasi otto mesi di cantieri. Nel 2025 si concluderà invece il progetto della corte coperta in vetro e acciaio e dell’ipogeo, firmato dallo Studio Oma - Office for Metropolitan Architecture di Rotterdam.


Il bicentenario del Museo Egizio entra quindi nel vivo: fino al 22 novembre 2024 il Museo apre le sue porte al pubblico gratuitamente (su prenotazione) e lancia il Festival 200. Con la Notte Bianca del Museo (20 novembre, ore 21-24) si apre un fitto calendario di esibizioni, happening, eventi, conferenze e speed lecture gratuite, programma che si conclude il 22 novembre con l’annullo filatelico del francobollo celebrativo del bicentenario e l’incontro tra il direttore del Museo Egizio di Torino Christian Greco e il direttore del Museo Egizio del Cairo, Ali Abdelhalim Ali (22 novembre alle 18.00).

Il Museo Egizio già dal 2023 ha intrapreso un percorso di rinnovamento, non solo sotto il profilo architettonico, ma anche sotto il profilo scientifico, di ricerca archeologica e di riallestimento delle collezioni. Un percorso che è stato avviato nel dicembre 2023, con l’inaugurazione della Galleria della Scrittura ed è proseguito con il riallestimento della Sala Deir-El Medina, la creazione della Sala dei Tessuti, il lancio dei Giardini Egizi sul Roof Garden, la creazione della sala dedicata al corredo della Regina Nefertari, a 120 anni dalla scoperta della sua tomba, e non ultimo l’allestimento permanente di un’ala del museo dal titolo Materia. Forma del tempo.

Celebrare il bicentenario del Museo Egizio è un esercizio sia di memoria sia di proiezione verso il futuro. Il progetto architettonico di OMA nasce da una nuova visione del Museo come istituzione di ricerca di livello mondiale e luogo inclusivo dove tutti i visitatori sono invitati a scoprire il mondo dell’antico Egitto. È con grande orgoglio che presentiamo la Galleria dei Re rinnovata e offriamo per la prima volta l’accesso gratuito al Tempio di Ellesiya, che fu a sua volta un dono del governo egiziano al popolo italiano. Basandoci sulla grande trasformazione completata nel 2015, i lavori di ristrutturazione in corso sosterranno il Museo Egizio nel nostro obiettivo di aprirci al mondo e raccontare ai visitatori non solo la cultura materiale, ma anche la storia nascosta dei reperti e della civiltà dell’antico Egitto. Per il bicentenario, abbiamo deciso di riflettere sul ruolo del Museo, ponendoci domande difficili: il museo è un luogo di conservazione o di distruzione? Cosa ci manca ancora a 200 anni dalla nostra fondazione? Sono queste domande che hanno guidato la nostra strategia per la prossima fase della storia di questa straordinaria istituzione e collezione”, hanno dichiarato la Presidente del Museo Egizio, Evelina Christillin e il Direttore, Christian Greco.

La nuova Galleria dei Re è stata curata da sei egittologi (Johannes Auenmüller, Paolo Del Vesco, Alessandro Girardi, Cédric Gobeil, Federico Poole e Martina Terzoli) e realizzata dallo Studio Oma - Office for Metropolitan Architecture di Rotterdam.


From darkness to light
: è questo il tema portante del riallestimento della Galleria.
La transizione dall’oscurità alla luce, concetto caro agli antichi Egizi, è la cifra stilistica che più salta all’occhio della rivisitazione della Galleria. Le statue sono inondate di luce naturale proveniente dalle finestre della sala, che non sono più tamponate, come in passato nello scenografico allestimento firmato dal Premio Oscar, Dante Ferretti, oltre alla luce artificiale.

Pareti in alluminio riflettenti creano un’atmosfera ancora più luminosa ed eterea, da cui si stagliano con solennità le statue di dèi e faraoni. L’architettura originale dello statuario monumentale risalente al XVII secolo è stata completamente riportata a vista dallo Studio OMA - Office for Metropolitan Architecture, un ritorno alle origini che valorizza le volte e le alte finestre che caratterizzano lo spazio e che fa tornare visibili due importanti iscrizioni che celebrano i natali del Museo, entrambe fatte apporre nella seconda metà dell’Ottocento dall’allora ministro Luigi Cibrario, una in memoria di Bernardino Drovetti, il console francese che ha venduto a Carlo Felice di Savoia il primo nucleo di reperti del Museo, e l’altra in onore di Jean-François Champollion, colui che decifrò i geroglifici, diventando il padre dell’Egittologia, tra i primi a giungere a Torino per studiare la collezione Drovetti.

La posizione delle statue, non più su piedistalli, ma ribassate sul pavimento, richiama quella originale, che si nota nei cortili dei grandi templi dell’antico Egitto, dove le divinità e i faraoni, pur manifestando la propria ieraticità e autorevolezza, mantenevano uno stretto legame con i fedeli, un contatto vis-à-vis, come quello che avrà il pubblico del Museo con le statue della Galleria. La maggiore vicinanza dei visitatori alle statue permette loro di cogliere nuovi dettagli dei reperti, che prima non erano fruibili, come le iscrizioni geroglifiche sulla parte alta del trono della statua di Tutmosi I o come la parte posteriore del copricapo del sovrano Horemheb.

Al centro della prima sala campeggia la statua di Ramesse II, attorno al quale ruotano tutte le altre dei faraoni, esposte per la prima volta in ordine cronologico. Jean-François Champollion, il padre dell’egittologia quando vide per la prima volta la statua a Torino ne rimase colpito e la definì l’Apollo del Belvedere egizio. In una lettera del 1824, Champollion scrive a proposito del Ramesse II, esposto a Torino: “ne sono innamorato e arriverò a Parigi con una buona copia in gesso dell’intero busto di questa statua. Vedrete allora se la mia passione non è legittima. La testa è divina, i piedi e le mani sono ammirevoli, il corpo è morbido; lo chiamo l’Apollo del Belvedere egizio”.

Non sono solo i faraoni ad essere protagonisti della Galleria dei Re, ma anche le dee Sekhmet. Anche per le 21 statue delle Sekhmet si è puntato ad una ricontestualizzazione archeologica, ispirata al tempio funerario di Amenhotep III a Tebe, l’odierna Luxor, loro sito di provenienza. La serie di statue mette in evidenza la ritmicità seriale e al contempo, osservandole da vicino e immerse nella luce naturale, saltano all’occhio i dettagli che differenziano ogni statua.

L’allestimento, quindi, riflette ed è l’esito diretto dell’importante lavoro di ricerca svolto dai curatori del Museo Egizio, ed è caratterizzato da un lato da considerazioni di ordine archeologico, dall’altro dalla volontà di soddisfare le rinnovate esigenze che il pubblico oggi manifesta. Ad una rigorosa disamina scientifica, il nuovo progetto affianca uno sviluppo allestitivo che riflette la volontà di amplificare la luminosità degli spazi e di conseguenza la leggibilità delle opere attraverso soluzioni quali i grandi pannelli di alluminio: i reperti diventano dunque, anche visivamente, riflessi dell’antica civiltà da cui sono stati pensati e realizzati, testimonianze che noi oggi abbiamo l’onore di conservare per le generazioni presenti e future. A questo impianto, si associano effetti di luce che giocano con le arcate seicentesche della sala e una grafica semplice ma densa di informazioni, con l’obiettivo della massima accessibilità. Fondamentale per il nuovo impianto museografico è il distacco di alcune statue dalle pareti, che ne permette una fruizione a 360° e l’osservazione di elementi finora nascosti come le iscrizioni sul retro o la fruizione di dettagli decorativi che appaiono oggi praticamente inediti.


La Cappella Rupestre di Ellesiya
, il più antico tempio rupestre della Nubia, approda a Torino nel 1966. A seguito della costruzione della diga di Assuan, l’Italia e il Museo Egizio furono chiamati a contribuire alla campagna Unesco per il salvataggio dei templi della Nubia, che rischiavano di essere sommersi dalle acque del lago Nasser. Il governo egiziano decise quindi di donare all’Italia il Tempio, in segno di gratitudine per la partecipazione del nostro Paese all’operazione di salvataggio: il reperto, dopo una complessa operazione di trasporto e ricostruzione all’interno del Museo Egizio, fu presentato a Torino alla presenza delle autorità italiane ed egiziane nell’autunno del 1970.

A distanza di oltre mezzo secolo il Museo Egizio, nell’ambito del rinnovamento per il bicentenario, sceglie di rendere accessibile gratuitamente al pubblico la Cappella, che avrà un suo ingresso indipendente da Via Duse e alla fine dei lavori anche dalla corte coperta del Museo, liberamente fruibile dai visitatori. Nel 2023 è iniziato l’ultimo restauro della Cappella con la pulitura e il consolidamento delle superfici ad opera del Centro Conservazione Restauro La Venaria Reale. La Cappella è stata riallestita grazie al lavoro di ricerca e studio degli egittologi e curatori: Johannes Auenmüller, Alessia Fassone, Paolo Marini, Beppe Moiso, Tommaso Montonati. Un suggestivo video mapping, ideato da Robin Studio, rielabora sui blocchi della cappella i suoi trascorsi storici e il viaggio dall’Egitto a Torino. Il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane è Official Sponsor della restituzione del Tempio di Ellesiya alla collettività, con il contributo di Fondazione CRT e di Consulta per la Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino e la partecipazione di Ribes Digilab.

Alla luce del percorso di riflessione sul proprio ruolo di museo archeologico contemporaneo, il Museo Egizio, in occasione del suo bicentenario ha avviato un programma di residenze di artista, che hanno visto protagonisti Ali Cherri e Sara Sallam.

Ali Cherri (1976) è un artista e regista nato a Beirut e residente a Parigi. Vincitore del Leone d’Argento alla Biennale di Venezia nel 2022, Cherri predilige lavorare con la scultura, la grafica, il cinema, focalizzandosi sullo scarto temporale tra mondi antichi e società contemporanee e sulla rielaborazione e costruzione di una narrazione storica degli oggetti antichi. In occasione della residenza d’artista Ali Cherri ha creato un'installazione nel grande vestibolo di fronte all’ingresso della Galleria dei Re, ispirata ad alcune sculture della collezione e a una serie di reperti emblematici della cultura materiale dell'antico Egitto. Il progetto è sostenuto dal PAC2024 - Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Returning the Gaze (2024) è il titolo del progetto artistico, ideato per il Museo Egizio, sulla scorta di diversi incontri con il direttore del Museo Christian Greco e il curatore Paolo Del Vesco. Alla base della riflessione artistica che ha dato vita a Returning the Gaze ci sono i temi riguardanti la storia della collezione, il ruolo di un museo archeologico nella società contemporanea, le biografie e i significati mutevoli degli oggetti museali, il modo in cui il pubblico percepisce gli oggetti e soprattutto le narrazioni costruite intorno a essi. Le prospettive dei professionisti del settore museale e degli stessi visitatori si scontrano con l'impossibilità di oggetti e reperti di ricambiare quello sguardo e raccontare le proprie storie. L'artista ha selezionato sette manufatti della collezione, dai sarcofagi alle statue, che per diversi motivi sono completamente o parzialmente privi di occhi o di sguardo. Gli elementi o le porzioni mancanti sono stati ricostruiti scansionando i reperti digitalmente e rimodellandoli secondo la visione dell’artista, per poi fonderli in bronzo a finitura lucida, andando così a reintegrare gli sguardi degli antichi manufatti originari. Il processo di realizzazione dell’opera ha permesso al Museo di attivare nuove sinergie con il territorio, in particolar modo la Fonderia artistica De Carli a Volvera (Torino).

Sara Sallam (1991) è nata in Egitto e vive in Olanda. E’ una giovane artista emergente, impegnata in una ricerca artistica multidisciplinare, che utilizza diverse tecniche fotografia, scrittura, videoinstallazioni. Filo conduttore della sua opera di artista è una contro narrazione, alternativa a quella dominante occidentale, attraverso cui rimette al centro voci marginalizzate e decolonizza il patrimonio archeologico egiziano. L’installazione The Sun Weeps for the Land And Calls from the Garden of Stones (2024), collocata a chiusura del percorso della Galleria dei Re è composta da tre opere che reinterpretano la diaspora delle statue della dea Sekhmet, scolpite per il tempio funerario di Amenhotep III e che dall’Ottocento sono disperse in vari musei europei. Come sostiene l’artista, nell’installazione ci viene ricordato che queste statue sacre, che un tempo proteggevano il faraone, ora giacciono angosciate nei musei, non essendo riuscite a compiere il loro scopo spirituale. In un collage fotografico lungo circa due metri, dal titolo Shifting Sands, Carving Scars (2024), Sallam mette in scena l’atto con cui Vitaliano Donati nel Settecento e Jean Jacques Rifaud nell’Ottocento quasi ferirono la terra per estrarre dalle montagne di Tebe le 21 Sekhmet, conservate nella Galleria dei Re del Museo Egizio. Vari documenti iconografici d’archivio, tra cui la nota incisione del 1819 che ritrae Bernardino Drovetti e dei suoi agenti in Egitto e varie serie di fotografie del Brooklyn Museum e del Museo Egizio, vengono rielaborate dall’artista. Nell’opera Prayer Beads (2024), Sallam omaggia le 730 statue di Sekhmet che nel tempio funerario recitavano una litania lunga un anno per proteggere il faraone. Le 709 stampe cianotipiche esposte in sala rappresentano le statue ora sparse tra templi e altri musei, mentre i 21 spazi vuoti sono quelle custodite al Museo Egizio, le cui stampe mancanti sono state restituite all’Egitto attraverso un rituale visibile nell’opera video a due canali, A Broken Circle of Sisters (2024). Attraverso due schermi in sincrono è infatti possibile osservare l’artista che esegue una serie di rituali con le 21 stampe cianotipiche rappresentanti le Sekhmet del Museo Egizio. L’opera di Sara Sallam è stata realizzata grazie al contributo del Mondriaan Fund, organizzazione pubblica olandese votata all’arte visiva e al patrimonio culturale.

Intesa Sanpaolo è il main partner del riallestimento di Galleria dei Re, mentre Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane è official sponsor del Tempio di Ellesiya.

Hanno poi generosamente offerto un sostegno economico Alpitour World per Galleria dei Re e Consulta per la Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino per l’innovativo video mapping. L’intervento di restauro del Tempio di Ellesiya è stato interamente realizzato con il contributo della Fondazione CRT, socio fondatore Museo Egizio, che ha garantito al Museo il proprio sostegno nella realizzazione delle progettualità e delle iniziative legate al Bicentenario.

Tra i primi a credere in questa nuova stagione dell’Egizio, sostenendolo anche dal punto di vista finanziario, c’è il Ministero della Cultura. Fondazione CRT ha deliberato un sostegno economico all’Egizio, così come la Regione Piemonte e il Comune di Torino, che sostiene il Museo su progetti didattici e tramite il Sistema Musica dell’Assessorato alla Cultura ha dato vita anche a un ricco calendario di iniziative, dal concerto di Capodanno in piazza Castello a inizio 2024 al Festival Incanto Egizio, che si concluderà il 19 dicembre. Camera di Commercio di Torino, Ascom, Consulta di Torino, Gruppo Lavazza, Reale Mutua Assicurazioni hanno sostenuto il Museo e sono al suo fianco in questo percorso di rinnovamento. C’è stato infine l’appoggio di Accademia delle Scienze, che crede nel progetto del Museo Egizio riguardante la corte coperta da vetro e acciaio, progetto di cui è parte. Infine, Radio Rai3 è media partner del Festival200.

 

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