mercoledì 29 novembre 2017

Al Circolo Lettori il filosofo Maurizio Ferraris e Giuseppe Laterza spiegano il timore del futuro e l'esaltazione del passato nella "Retrotopia" di Zygmunt Bauman


Giovedì 30 novembre, ore 18.30, al Circolo dei lettori (via Bogino 9 a Torino), si terrà l'incontro tra il filosofo Maurizio Ferraris e Giuseppe Laterza editore, a commento del saggio Retrotopia (Laterza) del sociologo Zygmunt Bauman, inventore di termini che sono diventatati modi di intendere la realtà – in primis la folgorante intuizione della “modernità liquida”. Tra le pagine della sua opera una nuova tesi: dopo l'età delle utopie del futuro e quella che ha negato ogni utopia, oggi viviamo l'epoca dell'utopia del passato.

Infatti, secondo Bauman, abbiamo invertito la rotta e navighiamo a ritroso: il futuro è sotto processo e il passato è stato rivalutato, a torto o a ragione, come spazio in cui le speranze non sono ancora screditate. Sono gli anni della “retrotopia”, dove il futuro si fa incerto e inaffidabile, mentre il passato è apprezzato per la sua presunta stabilità e affidabilità. Con una simile visione, il futuro, da habitat naturale di speranze e aspettative legittime, si trasforma in incubo: dal terrore di perdere il lavoro e lo status sociale, a quello di vedersi riprendere le cose di una vita, di rimanere impotenti a guardare mentre i propri figli scivolano giù per il pendio del binomio benessere-prestigio, di ritrovarsi con abilità che, sebbene faticosamente apprese e assimilate, hanno perso qualsiasi valore di mercato. La via del futuro somiglia stranamente a un percorso di corruzione e degenerazione. Il cammino a ritroso, verso il passato, potrebbe trasformarsi in un itinerario di purificazione dai danni che il futuro ha prodotto ogni qual volta si è fatto presente.

Scrive Bauman «Il fenomeno che definisco “retrotopia” deriva dalla negazione della negazione dell’utopia, che con il lascito di Tommaso Moro ha in comune il riferimento a un topos di sovranità territoriale: l’idea saldamente radicata di offrire, e possibilmente garantire, un minimo accettabile di stabilità, e quindi un grado soddisfacente di fiducia in se stessi. Al tempo stesso, la “retrotopia” si discosta dall’eredità di Moro in quanto approva, fa proprie e assimila le contribuzioni/correzioni apportate dal suo predecessore immediato, che aveva rimpiazzato l’idea di “perfezione assoluta” con l’assunto di non-definitività e di endemico dinamismo dell’ordine delle cose, ammettendo in tal modo la possibilità (e desiderabilità) di una infinita successione di cambiamenti ulteriori, che l’originaria idea di utopia delegittimava e precludeva a priori. Fedele allo spirito dell’utopia, la “retrotopia” è spronata dalla speranza di riconciliare finalmente la sicurezza con la libertà: impresa mai tentata – e, in ogni caso, mai realizzata – né dalla visione originaria né dalla sua prima negazione».

Ingresso libero fino a esaurimento posti

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