Dopo aver ammirato alcune delle opere di Antoine de Lonhy presso il Museo Diocesano di Susa (ove saranno ancora visibili fino al 7 novembre 2021) la mostra dal titolo "Il Rinascimento europeo di Antoine de Lonhy" approda finalmente anche a Palazzo Madama di Torino dal 7 ottobre 2021 al 9 gennaio 2022.
La doppia esposizione, curata da Vittorio Natale per la sezione di Susa e da Simone Baiocco e Simonetta Castronovo per la sezione di Torino, punta a ricomporre la figura di Antoine de Lonhy, un artista poliedrico - era pittore, miniatore, maestro di vetrate, scultore e autore di disegni per ricami - che ebbe un impatto straordinariamente importante per il rinnovamento del panorama figurativo del territorio dell’attuale Piemonte nella seconda metà del Quattrocento. Venuto a contatto con la cultura fiamminga, mediterranea e savoiarda, fu portatore di una concezione europea del Rinascimento, caratterizzata dalla capacità di sintesi di diversi linguaggi figurativi. Il percorso espositivo delle due mostre vuole mettere in evidenza i viaggi, gli spostamenti e la carriera itinerante attraverso l’Europa di un artista che, nelle sue opere, riunì insieme elementi e influssi dalla Borgogna, dalla Provenza, dalla Catalogna e dalla Savoia.
Originario di Autun, in Borgogna, Lonhy si formò sui testi della pittura fiamminga, tra Jan van Eyck e Rogier van der Weyden. Prima del 1450 era già in contatto con uno dei più straordinari mecenati di ogni tempo, il cancelliere del duca di Borgogna Nicolas Rolin, per il quale eseguì delle vetrate istoriate, purtroppo perdute.Si conoscono poi tutte le tappe del suo percorso attraverso l'Europa: a Tolosa, in Francia meridionale, dove realizzò almeno un ciclo di affreschi e decorò diversi codici liturgici e statuti cittadini; a Barcellona, in Catalogna, dove ancora sopravvive uno dei suoi capolavori: la grande vetrata per la chiesa di Santa Maria del Mar; infine nel ducato di Savoia, dove lavorò per la corte e per numerose chiese e monasteri del territorio e dove si spense, probabilmente, prima della fine del secolo.
Il trasferimento di Lonhy dalla Spagna ad Avigliana - dove è documentato dal 1462 - si deve a diversi fattori, come la presenza in questo centro di un castello dei duchi di Savoia e la vicinanza con le prestigiose abbazie di Novalesa e Ranverso, poste sulla Via Francigena, una delle principali arterie di comunicazione già dal Medioevo, da cui passavano cavalieri, ecclesiastici e mercanti di mezza Europa, e quindi un luogo promettente per un artista alla ricerca di nuovi incarichi.
Se al Museo Diocesano di Susa l’esposizione è incentrata su una quarantina di opere, alcune delle quali mai esposte al pubblico e provenienti da diverse collezioni pubbliche e private, a Torino viene invece presentata una vera e propria antologia della produzione dell’artista, in pittura e miniatura, con i necessari richiami alla cultura franco-fiamminga che sta alla base del suo percorso.
L’esposizione
torinese inizia raccontando le fasi che hanno portato a scoprire
l'artista Antoine de Lonhy attraverso le prime opere esaminate, che
erano state attribuite originariamente ad un più generico “Maestro
della Trinità di Torino”, prendendo spunto soprattutto da uno dei
suoi massimi capolavori, appartenente alle collezioni civiche
torinesi. Mentre nell'ambito dello studio dei codici miniati lo si
era indicato come “Maestro delle Ore di Saluzzo”, basandosi sul
meraviglioso manoscritto concesso ora per la mostra dalla British
Library di Londra. In seguito si è poi compreso che, dietro questi
nomi convenzionali, si celava un'unica personalità, il cui vero nome
è stato svelato grazie allo studio dei documenti.
La sezione più estesa prende in esame l'attività svolta dall'artista negli anni della sua permanenza nel Ducato di Savoia. Ad Avigliana c'è ad esempio una tavola frammentaria ritrovata proprio in una frazione di quella località: mentre un San Francesco è oggi alla Galleria Sabauda di Torino. Oggi sappiamo di una sua attività destinata a Chieri, al tempo città ancor più importante di Torino, le cui principali famiglie avevano svolto attività finanziarie in tutta Europa ed erano bene informate sulle migliori novità dell'Ars nova internazionale.
La mostra costituisce, inoltre, l'occasione per riunire gli elementi di un polittico venduto nel 1885, che aveva al centro la Adorazione del Bambino, appartenuta in seguito al collezionista olandese Fritz Mayer van den Bergh e oggi custodita nel museo che porta il suo nome ad Anversa.
Il catalogo, della mostra, a cura di Simone Baiocco e Vittorio Natale, è edito da Sagep Editori. La pubblicazione è sostenuta da Associazione Amici Fondazione Torino Musei, in memoria del professor Giovanni Romano.
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