"Appendice per una supplica" è uno dei primi video d’artista realizzati in Italia, girato in collaborazione con Gerry Schum e presentato in occasione della 36° Biennale di Venezia nella sezione “Video-nastri”, accanto all’esposizione di libri d’artista “Il libro come luogo di ricerca”, curata da Renato Barilli e Daniela Palazzoli, nella quale fu presentato "In principio erat" di Ketty La Rocca, 1972.
La particolarità delle due opere, fortemente incentrate sulla gestualità delle mani, è quella di non rispettare i tradizionali codici della comunicazione, come facevano proprio in quegli anni altri artisti come Bruno Munari e Alighiero Boetti, ma di dare libertà totale alle movenze calando le mani in un vuoto pre-linguistico come nel caso del video, o accostandola a brevi testi volutamente privi di senso come nel libro "In principio erat".
In mostra è presente anche il trittico Senza titolo, sempre del 1972, in cui i profili delle
immagini fotografiche vengono progressivamente sostituiti da scritte senza apparente significato, al punto che queste, orfane di contenuti, sembrano arrendersi alla loro stessa bellezza lineare e sciogliersi in disegno. In anni in cui l’arte concettuale si nutriva di esangui giochi tautologici tra fotografia e testi, La Rocca rigenera la forza visiva di parola e immagine attraverso un’inconsueta carica esistenziale che esplode nella ripetizione ossessiva della parola Yousulla superficie fotografica: è il tu dell’osservatore che deve rispondere all’io dell’artista perché le due metà del simbolo si ricongiungano, perché immagini e parole tornino a significare.
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