lunedì 24 febbraio 2020

APPROFONDIMENTI: Il Complesso Monumentale di San Filippo Neri di via Maria Vittoria 5 a Torino, opera seicentesca progettata dal Guarini e rimaneggiata da Juvarra


Passeggiando per via Maria Vittoria, precisamente al numero 5, ci si trova dinanzi al comprensorio di San Filippo Neri. La Chiesa annessa è a tutt'oggi la più grande di Torino. Voluta dalla Congregazione dei padri dell’Oratorio di San Filippo Neri nella seconda metà del ‘600, è opera principalmente di Guarino Guarini, mentre i restauri settecenteschi furono realizzati da Filippo Juvarra

Il complesso monumentale è composto dalla Chiesa Principale, dall'Oratorio, dalla Casa dei Padri. La Chiesa, a navata unica, è ricoperta con un voltone ed è illuminata da sette finestroni semicircolari a forma di conchiglia. Questo motivo ornamentale, molto caro allo Juvarra, ritorna in tutte le decorazioni della chiesa e delle suppellettili. Le sei cappelle laterali sono coperte da cupole ellissoidi, troncate dal muro della navata; le colonne che le affiancano sono in onice rosso di Busca. L’altare maggiore, opera di Antonio Bertola, è stato eretto nel 1703. Nel 1708 viene quivi collocata la pala del Maratta, restaurata a fine 2018, raffigurante la Vergine con Bimbo con San Giovanni il Battista, S. Eusebio di Vercelli ed i beati Amedeo IX e Margherita di Savoia. Per quanto concerne le opere poste in corrispondenza degli altari, si può ricordare una tela di Francesco Trevisani da Capodistria raffigurante il martirio del diacono Lorenzo, la pala raffigurante la beata Vergine con il Bimbo, Sant’Efiso martire ed il beato Giovanni Giovenale Ancina realizzata su commissione della comunità sarda di Torino alla fine dell '800. L’ultimo altare laterale, alla sinistra di chi entra, accoglie una pala di Francesco Solimena da Nocera (1657-1747), che rappresenta san Filippo Neri mentre intercede presso la Vergine per la città di Torino. 

Un altare è dedicato a due santi che sono solitamente ricordati nelle chiese filippine; San Carlo Borromeo e San Francesco di Sales furono infatti penitenti di San Filippo Neri. Nella tela dell’altare, il pittore Rocco Comaneddi da Valsola li ritrae in adorazione alla Vergine con Bimbo. Sei colonne tortili sostengono un’alzata in marmo su cui poggiano tre statue del luganese Carlo Francesco Plura raffiguranti la Fede, la Speranza e la Carità. Le orchestre e i coretti, ornati da putti, sono opera di Stefano Maria Clemente. Il pavimento del presbiterio, in marmo policromo, è stato disegnato dallo stesso Juvarra. L’organo di destra è opera dei fratelli Serassi di Bergamo (1831), e venne ampliato da Carlo Vigezzi Bossi nei primi del ‘900. La facciata, in stile neoclassico, venne completata con il pronao tetrastilo corinzio solo nel 1835 da Giuseppe Maria Talucchi. Osservando l’oratorio, sulla sua facciata è tuttora visibile una palla di cannone conficcata nella parete di destra, a circa 10m di altezza, risalente a una battaglia del periodo napoleonico. I sotterranei ospitano una cripta cimiteriale risalente al 1600 e restaurata nel 2006. E’ stata usata come cimitero sia per i padri di san Filippo, sia per i torinesi che ne facevano richiesta, fino all’editto napoleonico. In essa sono ancora ospitati alcuni caduti dell’assedio del 1706. 

All’interno del comprensorio ha sede il MIAAO, museo internazionale delle arti applicate con specifiche mostre ed eventi; presso tale sede è ospitato il famoso paliotto dell’ebanista e intagliatore Pietro Piffetti, in madreperla, tartaruga, avorio e legni duri. Fu donato dall’autore, al padre Giovanni Battista Prever per celebrare il primo secolo di vita della congregazione. Custodite nella “Casa dei Padri” sono sei grandi tele della scuola del Guercino, che vengono esposte al pubblico solo in alcuni periodi. Una raffigura Sant’Eusebio, il Santo al quale era dedicata la parrocchia poi intestata a San Filippo. Le altre cinque hanno come soggetti solo, curiosamente, figure femminili dell’Antico e del Nuovo Testamento: sono la Madonna, Betsabea, la Samaritana, la Serva che denunciò Pietro e Salomé, di cui non esistono documenti sull’origine e la committenza.


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