Domenica 3 ottobre, nella Cappella di Sant’Uberto della Reggia di Venaria, partirà una nuova iniziativa pensata per rievocare quella che doveva essere la vita delle chiese di corte. L’idea alla base dell’iniziativa organizzata dall’Accademia di Sant’Uberto con Compagnia di San Paolo, maggior sostenitore, e il contributo di Fondaizione Crt, è che le residenze storiche possano rivivere grazie alla musica, patrimonio culturale immateriale. Musica che era il sottofondo per le cacce, per le feste, per i momenti che scandivano la vita di corte. Centrale era anche la musica sacra: di qui, l’idea di organizzare questo momento nella Cappella di Sant’Uberto.
Domenica 3 alle 17 si aprirà la cappella di sant’Uberto (ingresso libero fino ad esaurimento posti, è necessario il green pass): saranno Giorgio Marinello, vicepresidente dell’Accademia di Sant’Uberto, e don Enrico Griffa, parroco della Chiesa della Natività di Maria Vergine di Venaria Reale, a spiegare il perché di questa nuova iniziativa e a introdurre l’Oratorio che sarà eseguito. Da un lato un breve approfondimento musicale su questo genere dalla forma dialogica inventato da San Filippo Neri, dall’altro la storia che narra, quella di Salomone e il suo valore educativo.
Seguirà l’esecuzione, da parte dell’Orchestra Barocca dell’Accademia di Sant’Uberto, dell’Oratorio Judicium Salomonis di Giacomo Carissimi (1605-1674), per voci soliste e basso continuo. Alle 18, quindi, la messa con accompagnamento musicale (ingresso per la messa ad esaurimento posti. Per la messa non è richiesto il Green Pass).
«Questa nuova iniziativa rientra nell’ambito del progetto “Vita di corte. Tempi e Luoghi della Musica”. L’obiettivo del progetto è quello di far conoscere residenze e chiese di corte attraverso la musica che ne costituiva il paesaggio sonoro, nelle sue diverse declinazioni, cacce, feste, cerimonie, concerti, funzioni religiose, musica militare. Non musica eseguita, come si usa ai nostri giorni, in teatri o sale musica, ma nei luoghi storicamente preposti, che potranno così rivivere, in una sinergia tra patrimonio culturale materiale ed immateriale» afferma Pietro Passerin d’Entrèves, presidente dell’Accademia di Sant’Uberto.
Oratorio Judicium Salomonis di Giacomo Carissini (1605-1674) per4 voci soliste, archi e basso continuo.
Soprano
I - Giulia Ghirardello
Soprano II - Martina Baroni
Tenore -
Davide Galleano
Basso - Diego Maffezzoni
Violini - Alessandro
Conrado, Angelica Marciano
Violoncello – Massimo
Barrera
Trombone - Filippo Rougier
Tiorba – Laura
La Vecchia
Clavicembalo – Luca Ronzitti
Direttore
Alberto Conrado
Descrizione
“Le
voci cominciano con un salmo in forma di mottetto e poi tutti gli
strumenti eseguono una sinfonia molto bella. Dopo, le voci cantano
una storia dell'Antico Testamento in forma di commedia spirituale,
come quella di Susanna, di Giuditta e Oloferne, o di Davide e Golia.
Ogni cantore rappresenta un personaggio della storia ed esprime
perfettamente la forza delle parole.” Con questa semplice
descrizione, André Maugars, musicista francese in visita in Italia
nel 1639, ci spiega cos’è un Oratorio. Possiamo aggiungere che si
tratta di un genere che ricalca i canoni compositivi dell’opera ma
senza apparati scenici e di argomento religioso – ma non liturgico
– nato nella Roma di San Filippo Neri e di cui Giacomo Carissimi
(1605-1674) fu uno dei primi e più importanti esponenti. Le
pochissime notizie pervenuteci riguardanti la composizione – si
ritiene avvenuta attorno al 1650 – ed esecuzione del Judicium
Salomonis ci permettono di saltare i “convenevoli” ed addentrarci
subito nello spirito di questa istoria, come il compositore definiva
questo genere musicale. Il testo (Libro dei Re I, 3-16, 38) in latino
ci suggerisce una destinazione aulica e la vicenda è una delle più
conosciute tra quelle che riguardano la figura di Re Salomone.
L’organico orchestrale è ridotto a due parti di violino con basso
continuo espresso dall’organo o dal cembalo ed altri strumenti in
base alla volontà di dare rilievo a quel contrasto tra le parti su
cui si basa tutto il racconto. Contrasto già ben evidente dal breve
preludio bipartito: prima un Andante “spigoloso” – come il
soggetto di questo breve oratorio – con le volatine dei violini,
poi un Allegretto brillante, in ritmo ternario, cui segue il pacato
intervento dell’Historicus, la voce narrante, che spiega
l’antefatto e richiama il popolo, le genti, ad ascoltare la
saggezza del Re Salomone. Qui, subito, il Carissimi dimostra una
grande volontà espressiva con l’adozione di madrigalismi che
seguono appieno il significato del testo: la melodia si muove verso
il registro acuto sul testo “A solis ortu” (Da oriente) per
ridiscendere alle parole “et ab occasu” (ad occidente), così
come un cromatismo discendente sottolinea il lamento (hululantes et
clamantes) delle due madri per la morte dell’infante. Il racconto
della prima madre, triste e dolente in tono minore, è in netto
contrasto con quello della seconda madre che, in tono maggiore,
reclama il pargolo negando con forza le affermazioni della prima. Ne
segue un battibecco concitato e magistralmente realizzato attraverso
un canone stretto. Salomone interviene in tono mesto chiedendo a Dio
l’ispirazione per un giusto giudizio ma un nuovo battibecco delle
donne lo interrompe e così chiede alle guardie – qui il
madrigalismo è accentuato dal carattere più veloce e dal tono
maggiore – di usare la spada per dividere in due il bambino e darne
una parte a ciascuna delle donne. Interviene la seconda donna
ritenendo giusta la regale decisione e sottolineando il tutto con dei
virtuosismi canori ancora una volta in contrasto con il carattere
dell’evento; segue la risposta della prima donna che apre con un
lamento – le dissonanze ne sottolineano il dolore – chiedendo di
lasciare il bimbo all’altra donna pur di non dividerlo in due.
Salomone insiste e le due donne replicano e si arroccano sulle loro
posizioni finché il Re decide di affidare il neonato alla prima
donna. Quest’ultima esprime tutta la sua felicità con una tema
ricco di fioriture (naturalmente in tono maggiore) ed una esortazione
al proprio bambino di adorare il Re concludendo con una melodia che
si spegne in un cromatismo discendente per dare l’idea del bambino
che si addormenta al dolce suono dei violini. Come unica era stata
l’apparizione dell’Historicus, altrettanto unica è la
partecipazione del Coro che conduce a termine questa breve
narrazione. L’adunata del popolo avviene con un andamento omofonico
in netto contrasto con il fugato veloce e fiorito che celebra il
giudizio finale e conclude sul testo “Acclamate il Re
Salomone”.
Gabriele
Rocchetti
Nessun commento:
Posta un commento