Il nuovo museo di Intesa Sanpaolo, le Gallerie d’Italia – Torino, di cui vi ho già raccontato in vari articoli che potete visionare a questo link, ospita la mostra «La fragile meraviglia. Un viaggio nella natura che cambia», visitabile sino al 4 settembre. La prima esposizione temporanea in Gallerie d’Italia è quindi dedicata al lavoro di Paolo Pellegrin con la curatela di Walter Guadagnini e il contributo di Mario Calabresi.
Troviamo qui il racconto dei suoi reportage fotografici dedicati al tema del cambiamento climatico. Il lavoro rappresenta una committenza originale che ha visto impegnato Pellegrin in Paesi come Namibia, Islanda, Costa Rica, Italia per fornire una personale lettura per immagini del rapporto tra l’uomo e il suo ambiente naturale, tema cruciale della contemporaneità. La riflessione per immagini del reporter dialoga con la mostra “Dalla guerra alla luna. 1945-1969”, una selezione di immagini storiche dell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo a cura di Giovanna Calvenzi e Aldo Grasso che documenta il miracolo economico fino alla più grande conquista dell’uomo moderno, lo sbarco sulla luna. Paolo Pellegrin è uno dei maestri indiscussi della fotografia contemporanea internazionale. Nel corso della sua lunga carriera ha saputo documentare la realtà della nostra epoca con una rara consapevolezza del duplice ruolo della fotografia: da un lato testimonianza del reale e dall’altro strumento di indagine della soggettività. Paolo Pellegrin ha viaggiato per oltre un anno alla ricerca di immagini che immortalassero la grandiosità della natura e i suoi scatti si raccolgono attorno alla presenza dei quattro elementi naturali (terra, acqua, aria e fuoco), sui quali l’umanità si interroga da sempre, in una sorta di interpretazione metaforica e spirituale che scavalca le rigidità delle conoscenze scientifiche. Se in uno dei suoi lavori precedenti, un reportage pubblicato sulla rivista «Time» nel 2018, Pellegrin puntava l’obiettivo sui ghiacciai dell’Antartide in via di scioglimento, affrontando in maniera diretta il tema del cambiamento climatico, questa volta il fotografo si rivolge alla natura con uno sguardo memore delle poetiche del «sublime», dove il fascino nasce dalla dismisura, il bello dalla paura. Nei suoi scatti ne coglie le diverse manifestazioni, individuando come caratteristica primaria e costante quella «fragile meraviglia» che dà il titolo alla mostra e all’intero progetto.
Allontanandosi dunque dall’idea di reportage classico, a cui Pellegrin è stato fedele per molto tempo, la sua fotografia si traduce in visioni di superfici e paesaggi che celebrano la forza dirompente dell’elemento naturale, provocando nell’osservatore una reazione ambivalente: in bilico tra fascino e timore, è inevitabile che esso si trovi a riflettere sul proprio ruolo nel mondo e sul proprio rapporto con l’ambiente. Il fotografo rinuncia pressoché totalmente alla presenza dell’uomo nelle sue immagini: benché compaia come figura sfuggente in alcuni scatti, l’essere umano si materializza da un lato come osservatore, meravigliato e sopraffatto dalla maestosità del naturale, e dall’altro come agente di una trasformazione che ha conseguenze irreversibili sulla vita della Terra. Fotografare un iceberg, un ghiacciaio o gli alberi bruciati negli incendi in Australia (unica serie nata prima della committenza entrata a far parte di questo progetto) significa parlare dell’uomo e della sua azione, ponendo l’accento su quello che è il suo rapporto con lo spazio in cui abita e, allo stesso tempo, con il grado più primitivo di sé stesso. In mostra immagini, video e installazioni nelle quali il pubblico è invitato a osservare la maestosità della natura nella sua versione più pura e meditativa.
Ad accompagnare la mostra, un dialogo tra il fotografo e Mario Calabresi, che da anni segue con attenzione il lavoro di Pellegrin fruibile anche attraverso il proprio smartphone, e un volume edito da Gallerie d’Italia, edito da Skira.
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