domenica 7 dicembre 2025

Al Teatro Astra dal 9 al 14 dicembre 2025 va in scena LA CITTA' DEI VIVI, lo spettacolo di Ivonne Capece liberamente ispirato al best seller di Nicola Lagioia


Al Teatro Astra dal 9 al 14 dicembre 2025 va in scena La città dei vivi, lo spettacolo di Ivonne Capece liberamente ispirato al best seller di Nicola Lagioia.

Un delitto assurdo e brutale, un caso di cronaca nera tra i più disturbanti degli ultimi anni diventa dunque materia teatrale: due giovani insospettabili torturano e uccidono un coetaneo senza un motivo apparente. Da questo fatto realmente accaduto, Nicola Lagioia costruisce un’inchiesta narrativa che scava nel buio delle coscienze, mettendo in discussione il confine tra colpa e normalità, tra mostruosità e quotidiano.

Lo spettacolo La città dei vivi porta in scena la discesa in un inferno morale che appartiene non solo ai protagonisti, ma a un’intera società. Roma diventa un personaggio: viva, tentacolare, oscura, capace di attirare e inghiottire. Una città che pulsa di desideri, illusioni, fallimenti. I personaggi si muovono dentro una spirale di fascinazione e repulsione attraverso una drammaturgia tagliente e un linguaggio che mescola racconto e confessione, il pubblico è chiamato a guardare dove normalmente si distoglie lo sguardo. L’opera non mira ad informare né a fornire verità, ma a stimolare una riflessione artistica e umana. In nessun caso la rappresentazione va intesa come accusa, insinuazione o giudizio reale nei confronti di soggetti eventualmente riconoscibili. Ogni elemento narrativo mira a manipolare la vicenda specifica per raccontare una storia universale, proposta in chiave poetica, simbolica e provocatoria.

NOTE DI REGIA

Lo spettacolo non è un true crime, ma, al contrario, ne rappresenta l’antitesi. Ho scelto di non concentrarmi sui dettagli del caso di cronaca — pur centrali nel libro — per indagare invece gli aspetti più universali ed esistenziali che emergono dalla trama. Nel suo romanzo, Nicola Lagioia pone al centro non solo la vicenda, ma anche la città di Roma, che diventa una grande metafora dell’umanità.

Anche per questo, in scena non vengono mai pronunciati nomi propri: i personaggi assumono il valore di archetipi, figure che incarnano diverse sfumature della condizione umana. C’è il mistero della violenza, quel paradosso intrinseco all’essere umano, capace di scolpire il Mosè di Michelangelo ma anche di distruggerlo a martellate, riducendolo in polvere da sniffare. È il contrasto fra la grandezza creativa e la brutalità distruttiva dell’uomo, un dualismo ineludibile che percorre l’intera messinscena. C’è poi chi invece osserva la violenza dall’esterno: il testimone, l’artista, colui che tenta di rappresentarla. Qui si apre il tema della responsabilità dell’arte e dell’artista di fronte al male. Il protagonista simbolico dello spettacolo è infatti lo scrittore-artista, alter ego di Lagioia, interpretato da Sergio Leone: una figura che incarna la tensione tra la necessità di indagare la violenza e la crisi morale di chi, attraverso la cultura, prova a darne forma. In scena, gli attori dal vivo convivono con un universo multimediale di figure semi-olografiche, proiettate a grandezza naturale, che contribuiscono a creare un’atmosfera spettrale e onirica. L’uso delle tecnologie sonore e visive diventa così una vera e propria cifra espressiva: la multimedialità rappresenta il mondo esterno, quello dei social, dei giornali, degli amici e dei conoscenti. È la violenza collettiva della società che irrompe nel privato doloroso dei protagonisti, un privato ormai inevitabilmente pubblico. L’atmosfera è claustrofobica, ma non solo sul piano fisico: il vero spazio della rappresentazione è mentale e onirico. Ciò che attraversiamo in scena sono le inquietudini interiori dello scrittore, il suo viaggio nella mente mentre tenta di dare forma al caos. L’appartamento in cui ci troviamo è la stanza dell’artista, ma anche il cuore della vicenda reale: un microcosmo privato che, dopo il crimine, è stato invaso dal mondo intero. Roma diventa così contenitore e generatore di violenza, specchio del sistema umano.

Lo spettacolo, come accade nel romanzo, si apre con una traduzione visiva dell’incipit, dove Lagioia cita Andreotti: non attribuiamo i guai di Roma agli eccessi di popolazione, quando i romani erano soltanto due, uno uccise l'altro.

Ho restituito questa frase con l’immagine mitica dell’allattamento di Romolo e Remo: qui però i due “criminali” sono nutriti da una lupa maschio — immagine che evoca il ciclo della violenza che genera violenza, il sistema patriarcale in cui la brutalità si tramanda di padre in figlio. Infine, è centrale l’assenza del femminile, tema già presente nel romanzo e ulteriormente amplificato dalla regia: un’assenza che diventa eco silenziosa, ferita e mancanza, dentro un mondo dominato dalla voce maschile del potere e della violenza.

TRIENNIO 2025/28: PERSONE

STAGIONE TPE 2025/26: MOSTRI

La città dei vivi

9 - 14 dicembre 2025

durata 120 min

mar h 21 | mer h 19 | gio h 20 | ven h 21 | sab h 19 | dom h 17

TPE Teatro Astra

liberamente tratto dal romanzo di Nicola Lagioia

regia, video e adattamento drammaturgico Ivonne Capece

prodotto da Elsinor Centro di Produzione Teatrale, TPE Teatro Piemonte Europa, Teatri di Bari,

Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro di Sardegna


PROGRAMMA COMPLETO DELLA STAGIONE TPE 2025/26 SU TPETEATROASTRA.IT

Info e abbonamenti disponibili su tpeteatroastra.it e in biglietteria.

TPE Teatro Astra

Via Rosolino Pilo 6, Torino

 

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